This is not what it is di Marco Sanna e Francesca Ventriglia in scenal al Teatro Tram di Napoli
In scena al Teatro Tram di Napoli “This is not what it is”, di e con Marco Sanna e Francesca Ventriglia, progetto prodotto da Meridiano Zero – collettivo di artisti nato nel 1995 in Sardegna – che rappresenta uno dei tre capitoli di “B-tragedies – trilogia shakespeariana trash”, che dopo Macbeth e Amleto, questa volta si confronta con Otello.
Lo spettacolo, in scena da Venerdi 15 a domenica 17 vede evolvere la sua trama a a Cipro, ma stavolta in un tempo lontano da quando i turchi assediavano le coste e c’erano fortezze da difendere, dove non non succede nulla, dove è rimasta solo la noia di chi sa di essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
Un’isola metafora dell’agognato luogo di residenza, quello in cui passare un breve o lungo periodo di “studio”, concentrazione, isolamento dalle distrazioni quotidiane. Cipro è anche il luogo lontano, una crocetta da barrare fra le varie possibilità di scelta obbligata, a cui l’artista contemporaneo è costretto nella giungla dei bandi, residenze, call, casting, giri a vuoto e promesse inutili. Soltanto un luogo come un altro dove trasferire per un po’ la propria disperazione, sapendo in anticipo che nulla cambia davvero le cose.
In scena due attori che per copione si presentano senza fantasia e senza talento, ma con un desiderio disperato di ambedue le cose. Artisti mediocri, che per una vita intera hanno trascinato la loro pochezza sui palcoscenici, non così fortunati da vivere la loro condizione nella totale inconsapevolezza, affetti da una sorta di depressione perenne, contagiosa, non mortale, una febbre sottile che li accompagna in uno stato di stanchezza cronica. Fra i tavolini vuoti e gli ombrelloni divelti, due anime sole e ignoranti rifiutano di voler sapere o conoscere i motivi per i quali si trovano ad agire su un palcoscenico, costretti a recitare un ennesimo inutile Otello, tema obbligatorio dell’ennesimo inutile bando.
La formula scelta è quella di far scontrare fra loro il linguaggio alto di Shakespeare con forme espressive più basse: il karaoke, la stampa scandalistica, le barzellette macabre, le squallide battute, la volgarità di ogni giorno, i soldi, il gratta e vinci, la tivù, i villaggi turistici, i selfie, gli strass e le paillettes, i cocktail colorati, i balli di gruppo.
Una sorta di meta-teatro che diventa feroce critica del vuoto contemporaneo. Perché, come dice Iago, “Tendere alla perfezione, equivale a non perfezionarsi mai. È la messa in scena di una disarmonia che rende l’arte eterna”.