“Provando… Dobbiamo parlare”, di Rubini – Cavalluzzi – De Silva, in scena al Teatro Diana

 

Due coppie di amici si ritrovano, una sera, in casa, all’improvviso. Il motivo, la profonda frattura venutasi a creare in una di esse. Un tradimento, l’insoddisfazione, la monotonia. Due coppie, quattro individui, rappresentanti ideali di due parti, di due idee, di due concetti di vita. Fabrizio Bentivoglio, Sergio Rubini, Maria Pia Calzone e Isabella Regonese sono i protagonisti di “Provando.. Dobbiamo parlare”, uno spettacolo di Sergio Rubini, Carla Cavalluzzi e Diego De Silva, diretto dallo stesso Rubini, in scena al “Teatro Diana” di Napoli. Contraddistinto dall’insolita presentazione ed impostazione, introdotta da Rubini ad inizio spettacolo, in cui si ha l’idea di assistere ad una prova generale piuttosto che ad una messa in scena. Insolita ma allo stesso tempo assolutamente in sintonia con la dinamicità e l’autenticità del testo. Le due coppie proposte dai quattro bravissimi attori, avrebbero potuto, qualche anno fa, rappresentare al meglio il luogo comune sulla contrapposizione sociale tra destra e sinistra. Medici contro scrittori, professionisti contro artisti, uomini e donne forti e decisi, contro individui profondamente incerti e riflessivi. Il testo, politica a parte, riesce nell’intento di mettere a confronto due concetti di esistenza assolutamente agli antipodi. Due universi paralleli, che inspiegabilmente tendono a sfiorarsi, in quella che può definirsi una solida amicizia. Il confronto, serrato, intenso a tratti divertente tra i quattro protagonisti coinvolge ed appassiona il pubblico tra battute, ciniche riflessioni ed inattesi colpi di scena. La regia, tra picchi di insolita realtà teatrale ed attimi di intensa vita, si caratterizza per l’attenzione convincente nei confronti dei quattro profili rappresentati. Due uomini, due donne, diverse occupazioni, diverse esistenze, diverse speranze. Unico legame. Forse è proprio l’amicizia il tema centrale, confuso tra eccessi, mancanze e nevrosi, forse, o forse no. O magari, si prova a parlarne. Già.