“Prendi il copione e scappa”, il teatro visto dal.. teatro, o forse no…
Quattro fratelli, il teatro, ed un’ingombrante eredità. “Prendi il copione e scappa”, di Antonio Prestieri e Maurizio Capuano, andato in scena al “Teatro Centro Ester” di Napoli, con la regia di Giovanni Marano, è una spassosa ed intensa riflessione su quanto contorta, complessa e spesso indegna possa a volte essere, la vita del commediante. “I quatto fratelli Campese – recita la trama – sono attori, figli del grande autore e attore Oreste Campese, non riescono però a eguagliarne la bravura, per un motivo molto semplice: in punto di morte, il buon Oreste ha fatto bruciare tutte le copie dei suoi testi. Il ruolo di autore viene ricoperto dal primogenito Arcibaldo, ma i risultati sono devastanti per le carriere dei fratelli. Fino al giorno in cui la madre dei quattro, Michela, non consegna loro una valigetta chiusa con una strana combinazione di lettere. L’unico modo per aprirla è risolvere una strana filastrocca. All’interno della valigia dovrebbe trovarsi l’ultimo, e il più comico, testo del padre. La risoluzione dell’enigma si dimostra più difficile del previsto e l’affetto fraterno lascia presto il posto alla diffidenza e all’avidità. La valigetta calamita ogni desiderio dei fratelli, spingendoli a rivolgersi al più strampalato killer di Napoli. Se poi il killer è anch’egli figlio d’arte, alle prime armi e accompagnato dalla madre che vuole insegnargli il mestiere”. In scena, Fabio Balsamo, Francesco Saverio Esposito, Riccardo Citro, Serena Pisa, Pasquale Scognamiglio, Marco Vuolo e Franceso Romano, divertono e si divertono tra dialoghi veloci e velate ironie, nascoste ad arte in quell’artificiosa leggerezza, probabile fondamenta di un testo. Giovanni Merano, è abile nell’evidenziare , in questa inedita versione ridotta del testo teatrale, i passaggi fondamentali della messa in scena, attraverso le abilità istrioniche degli attori ed il reciproco affiatamento. Rimarca disinvolto l’ovvietà di alcuni confronti, la superficialità di certi punti di vista, la pochezza intellettuale di alcuni personaggi, in un’astuta ed eccentrica satira. Prendersi gioco, senza urlare troppo, di un certo modo di concepire, amare, fare tetro. “Prendi il copione e scappa”, dispensa leggerezza e pretende riflessione, accosta il sacro al profano, l’arte all’incertezza dell’essere, il teatro, alla banale presunzione di chi semplicemente, non è.