Pirandello tra il sacro e il surrealismo buñueliano

 

Grandi applausi, grandissimi. La prima di Così è (se vi pare), in scena al Bellini dal 22 al 27 gennaio, porta la prestigiosa firma del regista Filippo Dini che è anche interprete nella “parabola” in tre atti del drammaturgo girgentino. Tra l’onirico e la realtà, in una commedia di 101 anni fa ma contemporanea e sempre attuale, interpreti di possente bravura , fanno sì che le contorte e molteplici verità si alternino incessantemente, si susseguano a ritmo sempre più spasmodico per arrivare all’unica plausibile.

Le passioni più grette governano l’animo umano e lo travolgono, portando i borghesi inquisitori alla follia pur di scoprire quale segreto si celi dietro la storia di quegli stranieri, quei “diversi” che arrivano in paese dopo il devastante terremoto della Marsica, realmente avvenuto due anni prima che il drammaturgo siciliano scrivesse la commedia. È dal dolore che si parte passando per la speranza, navigando attraverso la curiosità lecita e quella illecita, arrivando alla pazzia e tornando quindi, irrimediabilmente, al dolore dell’incomprensione e della solitudine. Pirandello è maestro nel mettere in scena la tortuosità del pensiero, il grottesco e la stupidità umana; il poeta cerebrale e nonostante questo passionale e appassionato viene rivalorizzato in questa interessante ed entusiasmante prova registica ed attoriale.

Mettere in discussione l’esistenza di una oggettività, di un’ obiettività pragmatica mette in discussione automaticamente l’esistenza della realtà stessa. Cos’è il reale? Siamo ciò che siamo o ciò che gli altri vedono di noi -o ancora – la parte che di noi mostriamo agli altri?

In scena, attraverso corpi e voci mossi ed emesse in modo magistrale, l’ossessione tossica per la verità. La Verità, per tutti, per i personaggi e per gli spettatori, è ciò che è successo veramente, come stanno realmente le cose. Lo spettacolo ci accompagna al palesarsi violento della verità non come assoluta ma come somma delle infinite verità possibili, le quali non sottraggono all’uno o all’altro la ragione (e in questo caso, la pazzia) ma aggiungono prospettiva, punti di vista, l’ennesima faccia del dado, il rovescio della medaglia.

Che Pirandello abbia la capacità di mostrare il reale nel suo aspetto più reale possibile, è lapalissiano ma questo è probabilmente lo spettacolo che riesce meglio a mettere in luce il dolore dell’accettazione umana nei confronti del relativismo gnoseologico. Un’accettazione vissuta come sconfitta perché perdita della certezza di una realtà oggettiva supportata da fatti, prove che sostengano la propria prospettiva sul mondo, la più giusta per sé ma proprio perché soggettiva, fallace. Non troppi anni dopo la messa in scena di Cosi è (se vi pare), attraverso osservazioni e studi fenomenologici, il sociologo Erving Goffman, teorizzò nell’ambito delle discipline delle scienze sociali la non esistenza di una realtà vera, ma solo l’esistenza di interpretazioni che restano vere per ciascun individuo. Proprio quello che Pirandello attraverso il personaggio della Signora Ponza, personificazione della Verità, esprime perfettamente nel finale: “Io sono colei che mi si crede e per me nessuna”.

 

Alex De Filippo