Marco Travaglio ed il suo “Slurp” in scena al Teatro Bellini di Napoli

 

Vent’anni di governi, di potere, di servilismo. Vent’anni di accondiscendenze più o meno strappate, di opinioni vertiginosamente capovolte, di pochezza intellettuale. Marco Travaglio, con lucida e spietata irriverenza, guida lo spettatore tra i fatti, gli uomini, i personaggi politici ed i cortigiani che hanno caratterizzato lo scenario politico italiano, degli ultimi due decenni. “Slurp”, con la regia di Valerio Binasco e la presenza in scena dell’attrice Giorgia Salari, andato in scena lo scorso fine settimana al Teatro Bellini di Napoli , è una veloce ed intensa carrellata di “momenti cruciali” della politica nostrana, rivissuta attraverso articoli di giornale o contributi foto e video, firmati da quelli che il giornalista piemontese definisce “professionisti della lingua”, nomi noti e meno noti della carta stampata del belpaese. Un “percorso” che per la verità, vede la luce in epoca fascista, con gli articoli e le immagini che innalzavano allo status di semidivinità un improbabile Benito Mussolini, alla prese con ogni sorta di sport o attività fisica in generale. Il parallelo, in questo caso, è con Matteo Renzi, e man mano, andando a ritroso con gli altri leader politici protagonisti della scena politica italiana. Un parallelo, quasi bizzarro, tra la propaganda, mirata, studiata, impeccabile (o quasi), di regime, e quella decisamente velata, poco nascosta, di una democrazia, che spesso, sempre più spesso, si avvale, secondo Travaglio, delle giravolte stilistiche e di bandiera, di quelli che degnamente o indegnamente, pretendono di rappresentare il giornalismo italiano. Ferrara, Farina, Vespa, Fede, e poi anche Scalfari. Tutti, racconta Travaglio, dalla parte del più forte, dalla parte del vincitore, dalla parte opportunisticamente, giusta. Travaglio affila le unghie, il momento si sa è ghiotto considerata la vicinanza all’appuntamento referendum. La sua satira è pungente, sfrontata, prende posizione ed urla il suo dissenso, racconta storia, illustra complotti, veri o presunti, arringa il pubblico fino all’ultimo applauso. Sintetizza ed ipotizza scenari, veri o presunti anche quelli. Fino all’ultimo sorriso, fino all’ultima riflessione. Fino a quando, fermamente suggerisce, dispone, indica, come, eventualmente votare. Lo spettacolo è finito, il gioco in quel momento si fa serio, non più giornalista, non più abile narratore, non più ostacolo del regime. Qualcuno avrà apprezzato, qualcuno no. Il dubbio resta, cosi come la consapevolezza di aver assistito ad uno spettacolo molto interessante, ben fatto, e di certo compagno di numerose, successive riflessioni.