Malinconia, ironia e tanta cruda realtà: Emanuele Iovino con “È la Fine” travolge Sala Ichos
Un testo travolgente, avvolgente, dove è possibile ritrovarsi e ripensare al proprio percorso. Emanuele Iovino racconta e si racconta, il pubblico più che mai apprezza.
Primi secondi, buio sul palco, Bruno Lauzi in sottofondo e una figura che appena si intravede. Il tutto lascia presagire, con una immagine breve ed essenziale, quello che sarà il succo, il senso di un racconto che chiede di essere ascoltato, guardato, approfondito. La malinconia, dell’essere, quella che ci accompagna lungo il percorso della vita, tra sconfitte e sbiaditi, apparenti trionfi.
La vita di Luigi, poco più che trentenne, è scossa, paradossalmente, dall’arrivo di un nuovo lavoro, un contratto tanto desiderato, quel tempo indeterminato bramato da tutti ma che per molti può rappresentare, in certe condizioni, una triste prigione. Il lavoro, la famiglia, l’amore. Luigi tra sorrisi e spunti di riflessione sembra essere più che mai in trappola. I sogni, le ambizioni, quelle proprie, intime, quelle che magari nemmeno si raccontano agli altri, da una parte. Dall’altra la realtà, la sensazione che tutto prima o poi possa in qualche modo collassare.
Nel contesto intimo e suggestivo di Sala Ichos, Emanuele Iovino, attraverso il personaggio di Luigi riesce a proporre un racconto più che mai realistico, dove l’ironia si alterna all’amarezza troppo spesso protagonista del quotidiano. I tempi, gli spunti comici, fanno da contraltare alle immagini proposte, spesso crude, in alcune riflessioni, ma quanto mai autentiche. La regia, di Giuliana Pisano riesce a portare, con abile lettura e visione il messaggio concreto del testo al pubblico. Lo stesso Iovino, alla fine, dal palco, tra gli applausi degli spettatori lancia un appello più che mai sentito, “fate in modo che se ne parli”, nel bene o nel male, aggiunge. La sensazione, al netto di ogni personale gusto è che di certi spettacoli è necessario parlarne, sempre. Certi testi, certe avventure artistiche meritano i riflettori, meritano gli applausi. Il coraggio, la passione, la voglia di raccontare e magari, per l’appunto raccontarsi, non possono che essere premiati, sempre.