“La mia musa”, Riccardo Citro indaga Pirandello allo ZTN di Napoli
La figura della donna, nel teatro pirandelliano, l’impronta della donna, nei giorni di Luigi Pirandello. “La mia musa”, scritto e diretto da Riccardo Citro, in scena nei giorni scorso allo spazio teatrale “ZTN” di Napoli, percorre, indaga e propone un’immagine , complessa ed apparentemente, a tratti incomprensibile, del rapporto, del legame, trà l’autore siciliano e l’universo femminile. Universo che prende ed inganna, attira a se e poi ignora. E qui che iponente, ne emerge un tratto, quasi iconografico, di quanto costante e determinante sia la figura della donna, nella produzione artistica pirandelliana. Roberta Astuti, Marilia Marciello e lo Stesso Riccardo Citro, interpretano con impeccabile fare, gli spunti, le storie, gli attimi di un intreccio a metà tra vita vera e commedia. Rappresentano, lasciandosi naturalmente coinvolgere dagli eventi, dalle trame, l’ambiguo triangolo di sensi e passione, che coingolge l’autore, preso dalla smania di elaborare nuovi intrecci e sciogliere di conseguenza i propri. I costumi e le scena, di Federica Del Gaudio, sorreggono il testo con spunti che sanno di didascalia, l’abito dell’autore, i simboli in scena, la disposizione di questo o quell’elemento, immagini che incontrano le parole e con esse si fondono per la buona riuscita della messa in scena. La donna che ammalia e colpisce, da fuoco e poi scappa. Passione e ambiguità, colore e noia, anima e consuetudine. Riccardo Citro, a metà tra rivisitazione e semplice, ampia riflessione, propone uno scorcio, angolo all’apparenza buio che tende sempre più a prender luce. Lo gira e poi rigira, ne esamina ogni punto, legge e rilegge gli spigoli, i rischi, le incerte sembianze. Scrive, monta e poi recità, per poi, con imponente leggerezza, al termine, ne mette quasi in dubbio ogni singolo frammento, come se nulla di quanto proposto, avesse in se un senso ben definito, o forse l’esatto contrario. Il tutto ed il niente.