Giovanni Falcone e Paolo Borsellino tra storia e vergogna. Al “Teatro Piccolo Bellini” di Napoli, “Novantadue” di Claudio Fava
Gli ultimi incomprensibili, angoscianti, surreali momenti delle vite di due uomini, in lotta con la mafia e poi con lo stato, in un’intensa e coinvolgente messa in scena di Claudio Fava. Con Filippo Dini, Giovanni Moschella e Pierluigi Corallo, “Novantadue”, in scena al “Teatro Piccolo Bellini” di Napoli, è cronaca e aspro romanzo, della fine, di poco prima della fine, delle vite di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Dal lavoro serrato e solitario all’Asinara, a conclusione del maxiprocesso, fino alla “cacciata” dalla Sicilia, ed alla macchina del fango, fredda ed impeccabile, sulla testa di due uomini, che avevano sacrificato ogni cosa per sete di giustizia. La regia Di Marcello Cotugno, dinamica e fortemente allegorica, sostenuta da una scenografia, a tratti, altamente simbolica, prende per mano gli eventi che portarono alle due immani tragedie di quell’inizio di decennio, e li conduce verso un finale annunciato, imprecato ed oggi, forse più di prima, avvolto in un alone di mistero, tipico dei drammi, delle vergogne, dei fatti, di questo paese. “Dopo vent’anni – racconta Cotugno – quella terra di mezzo va riempita con il racconto dei peccati innominabili: le omissioni, le complicità, i silenzi, le viltà. Adesso sappiamo – continua- che tra quei due giudici ammazzati e la follia omicida di Cosa Nostra si sono mossi pezzi delle istituzioni, uomini dei servizi, ufficiali dei corpi speciali, ministri guardasigilli, funzionari pubblici e depistatori di professione. Adesso sappiamo – conclude – che Falcone e Borsellino dovevano morire non solo per volontà dei Corleonesi ma anche per scelta di una parte di quello Stato che i due magistrati credevano di rappresentare e di tutelare.In un tribunale la storia si scrive con i processi.