Elio rievoca, incarna, gioca con Jannacci al Teatro Cilea di Napoli
In scena la farsa di chi gioca a essere un altro, di chi è se stesso sente d’essere qualcuno che certo ha dentro. Il folle, l’assurdo. Elio e Jannacci.
Una luce che sta su e sovrasta la città. Dalla collina del Vomero, un bagliore che sa di buona musica e schegge di folle teatro. Elio e Jannacci, Napoli, illuminata dal genio artistico che ha scritto pagine, uniche nel repertorio musicale, e non solo, di casa nostra. Lo spettacolo nello spettacolo, una gioia per gli occhi e per le orecchie. I battiti, le emozioni, le sensazioni, ripercorrere momenti di vita, stati d’animo, pezzi d’esistenza nascosti ormai chissà dove.
Sul palco l’istrionico Elio, artiste che certo definire poliedrico potrebbe essere davvero poco. La sua missione è rievocare, per l’appunto il compianto Enzo Jannacci, genio assoluto di un modo d’esser artista, compositore, musicista, forse del tutto unico nel suo genere. Lo spettacolo, nello spettacolo. Elio che recita, canta, balla, rievoca, questo il termine opportuno, il gigante Jannacci.
La scenografia, di Giorgio Gallione, tra l’altro regista dello spettacolo, è forte, intensa, sgargiante, coloratissima insomma. Pienamente in linea con quelle che sono le note suonate, dalla brillante orchestra che accompagna l’artista milanese. Alberto Tafuri al pianoforte, Martino Malacrida alla batteria, Pietro Martinelli al basso e contrabbasso, Sophia Tomelleri al sassofono, Giulio Tullio al trombone. Voce Elio, testi, quelli di Jannacci, certo, in un percorso intenso, folle, ironico, grottesco. Una sigaretta Marlboro, l’Armando che vola giù, dialoghi di coppia, e tanto, tanto altro. “Ci vuole orecchio”, certo, all’inizio, quasi come un inno prima che lo spettacolo abbia finalmente inizio.
Il tutto arricchito da scritti e pensieri da quelli che possono essere definiti veri e propri compagni di viaggio di Enzo Jannacci: Beppe Viola, Cesare Zavattini, da Franco Loi a Michele Serra, da Umberto Eco a Dario Fo, passando per Carlo Emilio Gadda. In scena insomma, un’arte sfiorata dal tocco dell’assurdo, del grottesco, da un contesto che prima d’essere musicale è forse ipotetico, immaginifico, surreale. La musica, il palco, le scene colorate al massimo e una band particolarmente ispirata. Elio canta, brilla, recita, al Teatro Cilea di Napoli. Scherza e sente il pubblico amico. Quest’ultimo accetta la grazia dell’artista e resta a vivere, a rievocare il percorso di un’artista senza tempo. Un genio che è musica ma anche tanto altro. Jannacci, è li, Elio lo accompagna in città.