Da Euripide ad Andrea De Rosa, la Dioniso rock, in scena al Teatro Mercadante di Napoli

Nel foyer, insieme alla brochure tradizionale, un foglietto ti avvisa che, nel corso dello spettacolo, la musica sarà alta soprattutto sulla frequenza dei bassi. Ma non è abbastanza, non ti prepara a quello che sentirai, con le orecchie e con il corpo. Ti aspetti dei momenti in cui la musica raggiungerà dei picchi, non ti aspetti che l’elemento musicale sia un battito costante per tutta la durata della messa in scena, un tamburo che ti trapana il cervello e che insieme ad un sapiente uso di luci stroboscopiche (Pasquale Mari), pathos e ritmo incalzante, portano lo spettatore a sentire su di sè il delirio di quelle Baccanti protagoniste della tragedia di Euripide, da cui il regista adatta questa bellissima produzione partita a Luglio nel meraviglioso scenario del Teatro Grande di Pompei. La storia è quella del dio antropomorfo, nato da Zeus e da una mortale, una divinità dai lunghissimi capelli folti che lasciano intravedere i seni nudi di Federica Rosellini che interpreta e rimarca l’ambiguità di questo Dioniso che ha in sé, al contempo, le componenti maschile e femminile, quelle che sono in ognuno di noi e che tanto fatichiamo ad accettare e combattiamo. Dioniso al centro della scena, con l’asta del microfono tra le gambe e tra le mani, ansima, geme, è il protagonista del prologo, ci dice chi è, “Il Dio è qui” e ci racconta che ha instillato nelle donne di Tebe, le Baccanti del titolo, il germe della pazzia per convincere tutti della sua potenza divina. Tra le luci e le ombre e l’incessante metronomo si alternano l’assennatezza di Cadmo e Tiresia (Ruggero Dondi e Marco Cavicchioli), disposti ad accettare la natura divina di questo essere androgino, umano e ferino; la tracotanza di Penteo (Lino Musella) che invece lo perseguita; l’eccitazione, l’esaltazione, la frenesia dei messaggeri (Mathieu Pastore e Emilio Vacca)e dello straordinario coro (Irene Petris, Carlotta Viscovo, Marialuisa Bosso, Francesca Fedeli, Serena Mazzei); la follia di Agave (Cristina Donadio), madre di Penteo, accecata dalla furia dell’estasi. Lo spettatore è stimolato e coinvolto da subito: immagini di corpi, che sembrano nudi, sullo sfondo, quasi in un intreccio, movenze animali e selvagge, rendono lo spettatore ebbro di sensazioni. A questo dio, chiunque esso sia, noi ci abbiamo creduto.

 

di Caterina De Filippo