Cronaca di un’incontro fatto di musica. Andrea Motis al Teatro Gloria, per il Pomigliano Jazz Festival

 

Iniziato con molto ritardo (quasi un’ora e mezza) apre il concerto un pianista (nn ricordo il nome) abbastanza bravo che introduce con un brano quasi classico, per poi arrivare ad un mezzo elettrojazz nel secondo, e finire con un interpretazione finale che va dallo swing, misto ad un medley di canzoni tra le quali qualcuna di Sting e qualche nota di Norvegian Wood di Lennon.

Arriva Motis, 23 anni, suona dall’eta di 9, piccola e minuta spinta in scena dal contrabbassista suo mentore e insegnante.

Parla solo spagnolo, in quanto Madrilena, come se tutti parlassero perfettamente spagnolo. Il pubblico infatti accenna ad applausi a fiducia non capendo quasi nulla.

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Inizia con un pezzo di matrice brasiliana, una sorta di bossanova, cosa che farà per altri 4 o 5 brani, alternando pezzi del loro ultimo album a standard jazz piu famosi, infilando sempre una samba, una bossanova o una batucada. Acustica non eccellente e su posti a sedere molto scomodi, l’ascolto è comunque piacevole, ovattato e partecipativo, i membri della band davvero fenomenali, batterista come un orologio, contrabbassista mezzo leader del gruppo che si lancerà poi in un pezzo col. Sax in duetto con Motis, chitarra precisa e estremamente pulita, cosi come il pianoforte che suona di spalle al resto della compagnia, tutti senza spartito, tranne il basso.

La voce e la tromba di Motis, che quando canta tiene appesa al braccio a mo di borsetta, sono limpide e sporche allo stesso tempo, quasi come fosse una scuola di new Orleans, in perfetto contrasto con l’accompagnamento degli altri strumenti che invece risultano molto puliti ed estremamente precisi.

Motis spesso accompagna la musica, quando non è lei a farla, battendo le mani in Palmas con il tipico sfregamento dei palmi usata dai Palmeros di flamenco.

Molto, molto timida, di certo non una front woman, accena giusto qualche movimento sul palco per non restare sempre ferma, probabilmente un astro nascente del. Jazz ma Ancora piuttosto acerba per i palchi e la gestione delle platee, nonostante abbia già suonato con grossi calibri dal jazz. Quando canta o suona però, l’energia, la passione, la tecnica e l’entusiasmo sono vivi e presenti e lascia comunque tutti senza fiato. Ci salutano con uno standard jazz, escono, rientrano per il bis, ci porta ancora in brasile, poi uno swing molto spinto accompagnato dalle mani del pubblico, standig ovation, saluta ancora, sempre in spagnolo, vanno via lasciando tutti contenti. Uniche pecche del teatro, posti molto scomodi e stretti, un faro che dal palco ogni tanto t arrivava dritto negli occhi, una paio di inneschi di suono fanno. Fischiare fastidiosamente i microfoni.

 

di Giuseppe Borrelli