Antonio Mocciola racconta la tragedia e la vergogna del regime fascista con la sua “Isola degli invertiti”

 

Alla fine degli anni ’30 partì, su ordine del Partito Nazionale Fascista ma anche per iniziative iper-zelanti di alcune questure locali (in primis quella di Catania) una spietata caccia all’omosessuale, vero o presunto. Una mattanza che porterà al confino, soprattutto nelle remote Isole Tremiti, centinaia di “invertiti”. Antonio Mocciola, grazie ad un’accurata ricerca presso gli archivi di stato ed alla collaborazione del Prof. Cristoforo Magistro, racconta attraverso il suo nuovo testo teatrale, con la consueta completezza stilistica, una pagina buia e dimenticata di un paese, e di un regime, piccolo, quanto ignobile. “L’isola degli invertiti”, diretto da Marco Prato ed interpretato da Giovanni Esposito, Bruno Petrosino e Andrea Russo, andato in scena in anteprima assoluta al Teatro Tram di Napoli, è un’intensa e disarmante rappresentazione dell’epoca, che riporta a giorni in cui “l’essere” poteva essere punito semplicemente per l’inappropriatezza, per l’inadeguatezza, per la poca attinenza ad un’immagine dell’uomo, propinata dal regime, troppo lontana da ciò che la realtà, autentica ed ancor più spietata andava raccontando. Tre uomini, tre ruoli, tre vicende, l’uomo, il desiderio, il proibito, la naturale e drammatica ipocrisia di un sistema tanto debole quanto ingannevolmente e perversamente forte. Antonio Mocciola, ripercorre gli eventi dei protagonisti, attraverso un apparente senso di leggerezza, vero solo in parte, perchè faro illuminante di una serie di eventi che mai potrebbero raccontar meglio l’autentica, tragica, realtà di quei momenti. Uomini e uomini e uomini, confinati, segregati, umiliati, per la propria natura, semplicemente perchè ostili ad un’idea tanto fasulla quanto viva nella mente dei più fedeli alla linea del regime. Un’isola, che è l’esilio, ma anche il luogo in cui può nascere un legame, una storia, un amore. L’esilio che è pena da scontare nella più totale indifferenza, ma può diventare pretesto per un ulteriore percorso umano, sentimentale , vitale. Tre storie, mille sfumature, mille versioni da ipotizzare, con al centro la tragedia del non poter esprimere la propria essenza, non esser liberi di amare, vedersi vietato il sogno, la libertà, il gusto della trasgressione, concesso tutto sommato ai gerarchi, ai funzionari, ufficialmente “uomini”, ma vietato ai comuni cittadini. Il testo di Mocciola trasporta ed interroga, riporta alla luce uno dei momenti più bui della storia di questo paese e restituisce pace e rispetto alle anime, vittime di quell’atroce follia.

 

Paolo Marsico